Il favoloso SOLOPACA nella leggenda e nella storia.

Da uno scritto di TULLIO IANNOTTI

Il favoloso SOLOPACA nella leggenda e nella storia.

Le stupende colline solopachesi, che da nord a sud fanno corona alla meravigliosa circostante vallata, si tingono d’oro negli assonnati meriggi del primo autunno. Nasce qui il favoloso “SOLOPACA D.O.C.”, che allietava le fastose mense delle Corti napoletane fino a quella degli ultimi Borboni.

Racconti e favole legati al suo blasone si intrecciano a cantare i suoi pregi, che il degradare dolce dei colli, in armonia col tepore di un sole amico, rende più preziosi e immutabili. Eccolo, allora, di volta in volta, diventare medicina miracolosa nella ingenua immaginazione popolare, come cantano versi rusticani e schietti, oppure simbolo di gaiezza e letizia, o nettare divino per riti sacri ed osanne di vittorie.

 

E’ per questo che tra i vini di alta classe, va certamente annoverato il SOLOPACA.

La sua storia si perde nella notte dei tempi, unitamente al suo mito.

Si racconta che i guerrieri di Caio Ponzio Telesino, nel 321 a.C., festeggiassero col vino di questi declivi la vittoria sulle superbe aquile romane, seppure per un giorno spennate dal giogo delle forche caudine;

Che Orazio ne apprezzò il profumo nel suo viaggio verso il sud attraverso la terra del vecchio Sannio;

Che il Murat, dopo averne tracannato ripetute coppe, si esaltò al punto di paragonarne la travolgente potenza a quella del cognato Napoleone;

Che Ferdinando II di Borbone, il re Burlone, a seguito di un chilometrico sorso, non abbia potuto fare a meno di esclamare: “A faccia do’ c……. Solopaca co’ sto’ vino è cchiù ricco ‘e Napule!

SOLOPACA, da “Solus pagus” (villaggio solitario), solitario naturalmente rispetto a TELESIA che, unitamente a CAUDIUM (Montesarchio), costituiva l’altra capitale dei SANNITI più occidentali, cioè i CAUDINI, si stende sulla sponda sinistra del fiume Calore, nascosto tra la verzura dei boschi millenari.

Si produce qui il prestigioso SOLOPACA, con la sinfonia dei suoi aromi, al gusto di ribes o di miele, o di spezie, a seconda dell’età, ma sempre elegante e di razza, disinvolto e robusto mentre canta.

E si ricava dai preziosi vitigni tradizionali che si esaltano nei terreni argillosi o calcarei della zona, equilibrati da appropriati giochi d’ombre dei colli e dalla luce accecante del mezzogiorno. Lo segue con cura materna, dal primo vagito schiumante di forza e di vita nei tini sanguigni fino all’ultima apoteosi sulle mense di mezzo mondo, la COOPERATIVA AGRICOLA “ CANTINA SOCIALE DISOLOPACA “che sorge sull’antica via Sannitica detta anche Bebiana, dalla emigrazione forzata che su di essa fecero i Romani dei Liguri – Bebiani, nel 181 a.c.

E, di volta in volta, assume le sembianze del maschio e seduttore ROSSO D.O.C., del corposo e vellutato AGLIANICO, del frizzante e delicato AMABILE, della misteriosa e allegra FALANGHINA, fino alla nobiltà dell’aristocratico spumante MARIA CRISTINA.

Il celeberrimo “Breviario dei vini italiani e francesi” di Carlo Andò, così come descrive il SOLOPACA:

Bianco: Vino bianco con riflessi di oro antico, che, con gli anni, diventa ambrato.

Da bersi dopo 2/3 anni: è asciutto, piacevolmente profumato, vellutato anche se . con leggero sapore acidulo.Vino da pesce, 12°. Servirlo freddo a 6°, 7°.

Rosso: Vino rosso intenso, lucido e limpido. Da giovane è decisamente erbaceo, anzi, in qualche annata è forse da definirsi aspro. Invecchiando, diventa austero, morbido e piacevole. Vino da pasto, 11.5° - 13°. Servirlo a temperatura ambiente.

Ed allora, o viandante, se per avventura attraversi la verde falda dell’ultimo Taburno che ha nome “ SOLUS PAGUS”, fermati a riposare nella terra ove si celebra l’arte di Dionisio.

LA CANTINA SOCIALE sacrificherà alla tua sete ardente e al tuo calzare stanco un otre del suo vino aulente.

Qualcuno ti dirà: “Non hai mai gustato il nepente di Solopaca, dono degli Dei?”Allora, bevine, e con esso visiterai l’Olimpo. Ma t’avverto. Sarà triste poi tornar tra i mortali, e più duro riprendere il cammino!

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